Ufficiale, svolta in Italia: al TFR si aggiunge un’altra entrata | Fiume di soldi quando lasci il lavoro
Uomo felice senza lavoro (Depositphotos foto) - www.financecue.it
Una nuova interpretazione potrebbe portare a una sorpresa in busta paga quando si lascia il lavoro, ecco per chi.
Negli ultimi anni si parla sempre più spesso di soldi che spettano alla fine di un contratto, e non parlo solo del classico TFR. A volte ci sono altre voci, più o meno note, che finiscono per gonfiare l’assegno finale. Alcune sono legate a regole particolari, altre arrivano da sentenze che cambiano il modo di leggere le leggi. E capita che tanti lavoratori non sappiano nemmeno di avere diritto a certe somme.
Di solito si pensa che i “bonus” di fine rapporto tocchino solo a chi ha un contratto fisso, ma le norme italiane ed europee parlano chiaro: ci sono diritti che non possono essere tolti, a prescindere dalla durata del contratto. Sono tutele considerate fondamentali, nate proprio per garantire pari trattamento a tutti.
Il problema è che spesso entra in gioco un calcolo un po’ tecnico: giorni lavorati, ferie spettanti, periodi di sospensione… e la confusione è dietro l’angolo. A volte ci sono periodi dell’anno in cui le attività si fermano, ma non significa che il lavoratore abbia davvero “consumato” i suoi giorni di riposo. Questo aspetto, per chi non è del mestiere, può sembrare solo un dettaglio, ma in realtà può fare la differenza su quello che si riceve alla fine.
Le autorità – sia quelle nazionali che quelle di Bruxelles – hanno ribadito più volte che bisogna garantire un trattamento equo per tutti, senza penalizzare chi lavora meno mesi. Però, fra interpretazioni diverse e regole scritte in burocratese, la questione finisce spesso in tribunale. E qui le cose cambiano, perché ogni decisione può creare un precedente che incide su centinaia, a volte migliaia, di casi.
Un intervento che mette ordine
Come riporta Brocardi.it, di recente è arrivato un chiarimento ufficiale per sciogliere un nodo che da anni crea litigi: il divieto di “trasformare in soldi” certi diritti mentre si lavora, e le eccezioni per alcune categorie. In particolare, per il personale scolastico a tempo determinato valgono regole un po’ diverse. Il documento diffuso chiarisce che il calcolo si fa in base alla durata del contratto e ai giorni di ferie effettivamente presi.
Questa linea segue già quello che prevedeva il CCNL Istruzione 2019-2021, cioè un sistema proporzionale che rapporta giorni maturati e servizio prestato. Ma la vera novità arriva alla fine del contratto, quando – se ci sono giorni non goduti – si può ricevere un’indennità economica extra.
La sentenza che cambia tutto
La questione è stata definitivamente chiusa (si fa per dire) dall’ordinanza n. 16715/2024 della Cassazione, che ha ripreso anche quanto detto dalla Corte di Giustizia UE. In sostanza: un docente non di ruolo non è in ferie “automaticamente” nei giorni di sospensione delle lezioni, a meno che non ci sia una richiesta formale o un ordine preciso del dirigente. Fa eccezione solo il tempo dedicato a esami e scrutini.
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha quindi messo nero su bianco che, se il contratto non permette di usare tutte le ferie maturate, il docente ha diritto a un’indennità in denaro calcolata sui giorni non goduti. Un’aggiunta che, sommata al TFR, può trasformarsi in una cifra niente male quando si lascia il lavoro.