La Manovra di Bilancio 2026 è attualmente in una fase di stallo parlamentare, con numerosi nodi ancora da sciogliere.
Il testo è in discussione nella Commissione Bilancio del Senato, con un iter che procede a rilento a causa del grande numero di emendamenti e dei dissensi interni alla maggioranza. Alcune misure sono ormai definite, mentre su altri capitoli cruciali, pensioni, fisco, professionisti, imposte sulle imprese e sulla logistica, il confronto è ancora aperto.
Alla metà di dicembre 2025, la Legge di Bilancio per il 2026 si trova ancora nella fase di esame in Commissione Bilancio del Senato, con tempistiche sempre più strette per rispettare la scadenza costituzionale del 31 dicembre. L’esame del testo è stato rallentato da oltre 400 emendamenti “segnalati” da tutte le forze politiche, inclusi i partiti di maggioranza, che hanno rimesso in discussione numerosi aspetti già presenti nel disegno di legge originario.
La situazione è resa più complessa dalla necessità di verificare la copertura finanziaria per ciascuna proposta. Il Ministero dell’Economia è al lavoro per analizzare nel dettaglio ogni modifica, prima che il governo possa esprimere un parere definitivo, favorevole, contrario o con richiesta di riformulazione.
A oggi, il calendario parlamentare prevede sedute a oltranza, anche notturne, fino a sabato 20 dicembre. L’obiettivo è portare il testo in Aula a Palazzo Madama il 22 dicembre, per poi trasmetterlo alla Camera, dove sarà approvato tra Natale e Capodanno. È ormai dato per certo il ricorso al voto di fiducia, come da prassi consolidata, per accelerare l’iter ed evitare modifiche da parte delle opposizioni.
Il ricorso alla fiducia in sede di approvazione della legge di bilancio non è nuovo: l’ultima volta che il Senato ha approvato una manovra senza ricorrere a questo strumento risale al 2013, con il governo Letta. Anche se uno dei relatori, il senatore Guido Liris, si mostra ottimista sui tempi, riconoscendo tuttavia la delicatezza del momento.
Alcuni provvedimenti all’interno della manovra hanno già trovato un equilibrio politico e sono considerati ormai definitivi. Tra questi:
Una delle norme più discusse prevede il blocco dei pagamenti della PA verso liberi professionisti non in regola con il fisco o con i contributi previdenziali. La disposizione ha sollevato forti critiche dalle associazioni di categoria e da alcuni esponenti della maggioranza. La Lega ha depositato un emendamento soppressivo, mentre Fratelli d’Italia chiede una revisione che renda la norma più flessibile. Il governo valuta un’eventuale riformulazione per mitigare gli effetti sul settore delle professioni.
In discussione anche un emendamento per ampliare la detassazione degli aumenti salariali derivanti dai rinnovi contrattuali. La proposta è quella di estendere la tassazione agevolata del 5% (già prevista per chi ha redditi fino a 28.000 euro l’anno) anche a chi ha redditi tra 28.000 e 35.000 euro, applicando un’aliquota del 10%. Il costo stimato è di circa 167 milioni di euro per il 2026. Sebbene l’iniziativa sia ben vista, le scarse coperture disponibili ne rendono difficile l’approvazione.
Altro capitolo controverso è il contributo straordinario del settore bancario. Il compromesso attuale prevede:
L’Associazione Bancaria Italiana ha espresso preoccupazione per l’impatto della misura sulla redditività degli istituti, soprattutto in combinazione con l’inasprimento della Tobin Tax sulle transazioni finanziarie.
Il governo conferma l’introduzione della tassa da 2 euro su ogni pacco extra-UE sotto i 150 euro. Tuttavia, questa misura rischia di sovrapporsi con un nuovo dazio europeo da 3 euro che entrerà in vigore a luglio 2026. Le associazioni di categoria temono una doppia imposizione, con effetti distorsivi su consumatori, piattaforme di e-commerce e operatori logistici. Il governo potrebbe rivedere l’imposta italiana nel secondo semestre del 2026 per evitare sovrapposizioni.
Nonostante le pressioni di diversi gruppi parlamentari, non sarà prorogata Opzione donna, il meccanismo che consente un’uscita anticipata dal lavoro per le lavoratrici. Allo stesso modo, non è prevista la reintroduzione del meccanismo del “silenzio-assenso” per il conferimento del TFR nei fondi pensione. Le ragioni sono principalmente di natura finanziaria: le due misure richiederebbero coperture attualmente non disponibili.
Alcuni settori strategici, come quello della sicurezza, lamentano l’assenza di nuovi stanziamenti. I sindacati delle forze dell’ordine hanno già manifestato il proprio dissenso, mentre il governo cerca soluzioni per finanziare almeno gli adeguamenti contrattuali previsti.
Oltre ai nodi tecnici e contabili, la Manovra di Bilancio 2026 è segnata da tensioni politiche interne alla stessa maggioranza. In particolare, la dialettica tra Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia si è intensificata su alcuni capitoli chiave, rendendo più complesso il raggiungimento di un’intesa piena sul testo finale.
Uno degli episodi più emblematici è il dibattito sul prelievo straordinario alle banche e alle assicurazioni. Mentre la Lega spinge per una maggiore tassazione a carico degli istituti finanziari, Forza Italia esprime da tempo forti riserve, temendo ripercussioni sull’economia e sulla stabilità dei bilanci bancari. Alla fine è prevalsa una soluzione di compromesso, che tuttavia lascia spazio a ulteriori tensioni in sede attuativa.
Altro elemento di divisione è rappresentato dalla proposta, sostenuta dalla Lega, di alzare il tetto all’uso del contante a 10.000 euro, anche se accompagnato da una tassa. La misura incontra il favore del partito di Matteo Salvini, che la giustifica in nome della libertà individuale. Tuttavia, all’interno della maggioranza, e in particolare tra i tecnici del Ministero dell’Economia, permangono dubbi sull’opportunità della norma, anche in relazione agli obblighi di trasparenza previsti in sede europea.
Fratelli d’Italia, il partito della presidente del Consiglio, ha espresso la necessità di ammorbidire le disposizioni più controverse, come la norma sui professionisti non in regola con il fisco. In questo senso, la posizione è più cauta e cerca di bilanciare le esigenze di legalità fiscale con il rispetto per le libere professioni.
Le forze di opposizione, pur non avendo ancora annunciato iniziative di ostruzionismo, mantengono un atteggiamento critico verso l’intero impianto della manovra. Il Partito Democratico ha definito il ritardo nell’avvio dei lavori parlamentari una forma di “bullismo istituzionale”, lamentando la scarsa trasparenza del governo e l’assenza di misure strutturali per la crescita.
La segretaria Elly Schlein ha ribadito che nella legge «non c’è nulla per far ripartire il Paese», mentre altri esponenti del centrosinistra criticano la scarsa attenzione al lavoro, alla sanità e alla scuola.
La Commissione Bilancio del Senato ha fissato una tabella di marcia serrata per l’esame e l’approvazione della legge. Il testo dovrebbe approdare in Aula il 22 dicembre e poi passare alla Camera, dove si prevede un’approvazione entro il 31 dicembre, senza ulteriori modifiche, in modo da evitare l’esercizio provvisorio.
Nel frattempo, sono previste sedute notturne per affrontare l’esame degli emendamenti, che continuano ad arrivare da tutti i gruppi politici. Molti osservatori ritengono ormai inevitabile il ricorso alla fiducia anche alla Camera, con una sessione finale che si svolgerà tra Natale e Capodanno.
In termini di dimensione, la Manovra di Bilancio 2026 si colloca in un contesto finanziario particolarmente complesso. L’obiettivo è mantenere il disavanzo pubblico sotto controllo, rispettando i vincoli europei, ma senza comprimere eccessivamente gli interventi a sostegno di famiglie e imprese.
I margini disponibili sono estremamente ristretti, anche a causa della crescita modesta e dell’incremento della spesa per interessi sul debito. In questo contesto, ogni nuova proposta deve essere attentamente vagliata sul piano delle coperture.
Il testo della manovra cerca di bilanciare:
La componente infrastrutturale e quella dell’innovazione sono considerate prioritarie, ma vincolate alla capacità di cofinanziamento dei fondi europei. Alcuni emendamenti, soprattutto della maggioranza, chiedono maggiore flessibilità per l’impiego degli avanzi di bilancio delle amministrazioni locali.
La Manovra di Bilancio 2026 si colloca nel quadro del nuovo Patto di Stabilità europeo, che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2026. Questo impone agli Stati membri un sentiero di rientro graduale del debito, ma con maggior flessibilità per gli investimenti strategici.
Il governo italiano ha comunicato alla Commissione europea l’intenzione di rispettare il nuovo framework, evitando manovre espansive eccessive ma chiedendo margini per interventi prioritari su clima, digitalizzazione e difesa.
A pochi giorni dalla scadenza costituzionale, la Legge di Bilancio 2026 rimane un testo in evoluzione. Alcuni capitoli sono già stati definiti, ma altri restano sospesi, in attesa di soluzioni condivise tra le forze politiche e di risposte tecniche in merito alle coperture. Il clima parlamentare è teso ma non ancora conflittuale. L’ipotesi del voto di fiducia è ormai considerata una necessità tecnica per arrivare in tempo all’approvazione finale.
Ciò che emerge con chiarezza è che la manovra attuale è meno ideologica e più orientata al compromesso rispetto ad altre stagioni politiche. Tuttavia, la limitata capacità di spesa e la rigidità degli equilibri finanziari ne riducono l’ambizione e l’impatto. Il giudizio complessivo potrà essere formulato solo una volta che il testo sarà definitivo, ma già da ora si delineano le principali linee di tensione tra rigore e flessibilità, pressione fiscale e rilancio della crescita, coesione sociale e rispetto degli impegni europei.