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Carbon Tax: cos’è, come funziona e impatto sull’economia

Carbon Tax: cos’è, come funziona e impatto sull’economia

La carbon tax rappresenta uno degli strumenti più discussi e rilevanti delle politiche ambientali ed economiche moderne.

Si tratta di una tassa applicata in proporzione al contenuto di carbonio dei combustibili fossili utilizzati da imprese e cittadini. Il suo scopo è duplice: da un lato, disincentivare l’uso dei combustibili ad alta intensità emissiva, dall’altro, generare un segnale di prezzo coerente con gli obiettivi climatici, spingendo verso una transizione energetica più rapida.

Nel contesto attuale, segnato dall’urgenza climatica e dalla necessità di riforme fiscali sostenibili, la carbon tax assume un ruolo sempre più centrale. A differenza di altri meccanismi di mercato come l’Emissions Trading System (ETS), che fissa un tetto massimo di emissioni lasciando fluttuare il prezzo, la carbon tax stabilisce un prezzo fisso per ogni tonnellata di CO₂ emessa, senza però imporre limiti quantitativi diretti.

Il principio economico della carbon tax

Alla base della carbon tax vi è il concetto di internalizzazione delle esternalità negative. In termini semplici, si tratta di correggere una distorsione del mercato, in cui il prezzo di beni e servizi non riflette i danni ambientali generati durante la loro produzione o consumo. Le emissioni di gas serra, pur avendo un costo sociale elevato, non comportano un onere diretto per chi le genera. La carbon tax risolve questo squilibrio, facendo pagare ai produttori e agli utenti finali una somma proporzionale all’inquinamento causato.

L’impatto di questa misura si manifesta su più livelli. Le imprese, trovandosi a dover sostenere un costo aggiuntivo legato alle emissioni, sono spinte a investire in efficienza energetica, tecnologie a basse emissioni e fonti rinnovabili. I consumatori, invece, si trovano davanti a un nuovo contesto di prezzi che favorisce comportamenti più sostenibili, come l’uso del trasporto pubblico o l’adozione di veicoli elettrici.

Come si calcola la tassa sul carbonio

Il calcolo della carbon tax avviene in base al contenuto di carbonio dei combustibili impiegati. Ogni fonte energetica ha un proprio coefficiente di emissione: ad esempio, il carbone produce circa 2,4 kg di CO₂ per ogni chilogrammo bruciato, la benzina circa 2,3 kg per litro e il gas naturale intorno ai 2 kg per metro cubo. Applicando una tariffa (ad esempio 50 euro per tonnellata di CO₂) è possibile determinare l’imposta corrispondente per ogni unità di combustibile consumato.

In questo modo, il prezzo finale dell’energia inizia a riflettere il suo impatto ambientale, rendendo economicamente meno vantaggiose le fonti fossili rispetto alle alternative a basse emissioni. Tuttavia, affinché la misura sia efficace, è necessario che l’aliquota sia sufficientemente elevata da modificare realmente i comportamenti, senza però generare effetti recessivi o squilibri sociali.

Applicazione internazionale: modelli a confronto

Numerosi paesi hanno già introdotto una carbon tax, con modalità e risultati differenti. La Svezia è spesso citata come esempio virtuoso. Introdotta nel 1991, la sua carbon tax ha superato i 130 euro per tonnellata, contribuendo a una significativa riduzione delle emissioni e a una crescita del PIL costante, a dimostrazione che sviluppo economico e politiche climatiche non sono incompatibili.

In Canada, la carbon tax federale è stata lanciata nel 2019 e prevede un aumento progressivo fino a raggiungere i 170 dollari canadesi per tonnellata entro il 2030. Un aspetto innovativo del modello canadese è la restituzione del gettito ai cittadini sotto forma di rimborsi diretti, noti come carbon dividend, che hanno migliorato l’accettazione pubblica della misura.

La Francia, invece, ha dovuto affrontare una forte opposizione sociale con le proteste dei Gilet Gialli, scaturite anche da un aumento della tassa sul carburante. Questo episodio ha messo in luce quanto sia fondamentale accompagnare le misure ambientali con politiche redistributive efficaci e comunicazione trasparente.

In Svizzera, la carbon tax è stata applicata al riscaldamento domestico con risultati positivi, anche grazie a un sistema che prevede la redistribuzione diretta alla popolazione. Ciò ha permesso di ridurre le emissioni nel settore edilizio senza effetti regressivi sul piano sociale.

Il caso italiano

In Italia, una carbon tax strutturata non è ancora in vigore. Tuttavia, alcune forme di tassazione indiretta, come le accise sui carburanti, svolgono un ruolo parzialmente analogo. Nel quadro europeo, l’Italia è chiamata a rivedere la propria fiscalità ambientale per allinearsi agli obiettivi del Green Deal e del pacchetto Fit for 55. Tra le proposte più discusse vi è l’introduzione di un prezzo minimo per la CO₂ anche nei settori attualmente esclusi dal sistema ETS, come trasporti e riscaldamento civile.

Parallelamente, è in corso un dibattito sulla possibilità di impiegare le entrate generate da una futura carbon tax per ridurre il cuneo fiscale, finanziare investimenti in infrastrutture sostenibili o sostenere famiglie e imprese nella transizione energetica. L’obiettivo è evitare effetti regressivi, garantendo equità e consenso sociale.

Effetti sui settori economici

Gli impatti della carbon tax variano notevolmente a seconda del settore coinvolto. L’industria pesante, come quella siderurgica o cementiera, risente in misura significativa dell’introduzione di un prezzo sul carbonio, poiché presenta un’elevata intensità energetica. Tuttavia, la presenza di incentivi per l’innovazione può trasformare il vincolo ambientale in un’opportunità di ristrutturazione tecnologica e competitività a lungo termine.

Il settore dei trasporti è anch’esso tra i più colpiti. L’aumento del prezzo dei carburanti può incidere sui costi logistici, ma allo stesso tempo stimola la domanda di veicoli elettrici, carburanti alternativi e soluzioni di mobilità condivisa. Per quanto riguarda l’agricoltura, pur essendo responsabile di una quota significativa di emissioni (soprattutto metano e protossido di azoto), è spesso esclusa dalla tassazione diretta per ragioni di sostenibilità economica e sicurezza alimentare. Gli effetti si manifestano piuttosto attraverso l’aumento dei costi energetici e dei fertilizzanti.

Le famiglie, infine, possono essere particolarmente vulnerabili agli effetti di una carbon tax, soprattutto quelle a basso reddito. È dunque essenziale che la misura sia accompagnata da strumenti compensativi, come trasferimenti diretti, bonus energetici o riduzioni di altre imposte regressive. Solo così è possibile garantire una transizione giusta e inclusiva.

Carbon dividend e accettabilità sociale

Uno degli aspetti più promettenti della carbon tax è la possibilità di redistribuire il gettito in modo da rafforzare l’equità del sistema fiscale. Il cosiddetto carbon dividend consiste nella restituzione delle entrate sotto forma di sussidi diretti alle famiglie o riduzioni fiscali mirate. Questa strategia ha dimostrato di aumentare il consenso pubblico e di rendere la tassa sul carbonio più accettabile anche nei contesti socioeconomici più fragili.

Effetti sui mercati finanziari

L’introduzione di una carbon tax ha implicazioni rilevanti anche per il sistema finanziario. Le imprese maggiormente esposte a rischi climatici vedono aumentare il rischio di trovarsi con asset non più sfruttabili economicamente (stranded assets), il che incide sulla valutazione dei loro titoli da parte degli investitori. Inoltre, la crescente attenzione ai criteri ESG spinge i mercati a preferire aziende con strategie di decarbonizzazione credibili e trasparenti.

Il prezzo del carbonio influenza anche la volatilità delle commodity, in particolare nel settore energetico, e può determinare un ribilanciamento dei portafogli a favore di asset più resilienti al rischio climatico. Anche le agenzie di rating iniziano a includere l’esposizione alla carbon tax tra i parametri valutativi per il credito aziendale.

Il CBAM e la carbon tax europea alle frontiere

Per evitare il rischio di delocalizzazione delle emissioni, l’Unione Europea ha introdotto il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), un meccanismo che prevede l’applicazione di una tassa sui beni importati da paesi con regolazioni ambientali meno stringenti. Il CBAM, che entrerà pienamente in vigore nel 2026, si applicherà inizialmente a settori altamente emissivi come acciaio, alluminio, cemento, fertilizzanti ed energia elettrica. Il suo obiettivo è garantire parità di condizioni per le imprese europee e prevenire il cosiddetto carbon leakage.

Prospettive e sfide globali

Nonostante il potenziale della carbon tax, la sua implementazione presenta numerose sfide. La prima è l’accettabilità politica: senza misure di accompagnamento, la tassa può essere percepita come iniqua e generare forti reazioni sociali. Un’altra difficoltà riguarda la necessità di coordinamento internazionale. In un mondo globalizzato, politiche nazionali isolate rischiano di compromettere la competitività delle imprese e generare distorsioni commerciali.

Tuttavia, le istituzioni globali, come il Fondo Monetario Internazionale e l’OCSE, stanno promuovendo l’idea di un prezzo minimo globale del carbonio, per uniformare le strategie fiscali e garantire efficacia ambientale. Nel medio-lungo termine, la carbon tax può diventare uno degli strumenti più potenti per guidare l’economia mondiale verso la neutralità climatica, promuovendo allo stesso tempo innovazione, occupazione e giustizia fiscale.