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Il tuo armadio ti inguaia col Fisco: segnalazione diretta all’Agenzia delle Entrate | Pagherai caro per quei vestiti

Un armadio pieno di vestiti può diventare un sintomo di evasione fiscale per il Fisco? Ecco come funziona per fare chiarezza.

Il Fisco può ricostruire il reddito di una persona dalle spese sostenute. Si chiama accertamento sintetico. L’Agenzia delle Entrate somma costi abitativi, rate di finanziamento, acquisti rilevanti, viaggi, iscrizioni scolastiche. Se il totale supera il reddito dichiarato, il contribuente riceve una richiesta di chiarimenti.

L’Agenzia delle Entrate usa dati bancari, registri immobiliari, flussi finanziari. Se una persona dichiara 15 mila euro e ha un immobile di pregio o un’auto di alta gamma, scatta la verifica. Il contribuente deve dimostrare la provenienza delle somme utilizzate.

Il sistema presuntivo non richiede prove dirette. Basta che il Fisco dimostri una discrepanza tra reddito e capacità di spesa. Il contribuente può difendersi con documenti, prestiti ricevuti, donazioni, eredità. Se non riesce a giustificare la differenza, l’Agenzia delle Entrate procede con l’accertamento.

Le spese sospette non riguardano solo beni di lusso. Anche l’iscrizione a scuole private, le vacanze all’estero, le ristrutturazioni non dichiarate possono essere un avviso per l’ente. Il Fisco incrocia dati da fonti diverse. Cosa succede?

Gli accertamenti

L’Agenzia delle Entrate può determinare il reddito presunto di una persona. Si considerano spese per immobili, auto, investimenti, polizze, viaggi. Il contribuente riceve una comunicazione e ha diritto di replica.

Il nuovo modello di accertamento fiscale è più rapido e informatizzato. L’Agenzia delle Entrate incrocia dati in tempo reale, anche da fonti esterne. Le verifiche si basano su algoritmi che selezionano i profili a rischio. Cosa c’entrano i vestiti?

Abiti (Canva Foto) – financecue.it

Il caso

Per IlSussidiario, le vendite effettuate su piattaforme come Vinted possono diventare oggetto di attenzione fiscale quando superano determinate soglie. Il Fisco non considera ogni transazione come attività d’impresa, ma interviene se il numero di vendite o l’importo incassato suggerisce una continuità. La direttiva europea DAC7 impone alle piattaforme digitali di trasmettere i dati dei venditori all’Agenzia delle Entrate. In Italia, il limite è fissato a 30 transazioni o 2000 euro annui.

Anche chi cede abiti usati, accessori o articoli personali può rientrare nei parametri se l’attività risulta sistematica. Il Fisco incrocia i dati ricevuti con quelli già presenti nei registri fiscali e bancari. Se emergono incongruenze tra i guadagni ottenuti online e il reddito dichiarato, si apre un accertamento. Il contribuente deve dimostrare che le vendite non costituiscono attività professionale. In caso contrario, scattano obblighi fiscali, sanzioni e versamenti arretrati da parte dell’ente.

Published by
Annarita Faggioni