Conti bloccati dalle poste italiane: hai accettato senza neanche saperlo | Che fine faranno i tuoi soldi?
Poste Italiane logo (Depositphotos foto) - www.financecue.it
Milioni di utenti coinvolti in una scelta obbligata: dietro la promessa di sicurezza, si nascondeva molto di più.
In un’epoca in cui la digitalizzazione dei servizi finanziari è diventata la norma, il rapporto tra utenti e app bancarie si è trasformato in qualcosa di quotidiano, quasi automatico. Scarichi l’app, la configuri, accetti i termini — e non ci pensi più. Eppure, proprio questa abitudine apparentemente innocua può aprire la porta a pratiche poco trasparenti, spesso mascherate da aggiornamenti di sicurezza o funzioni indispensabili.
Molti consumatori si sono ormai abituati a ricevere notifiche che chiedono di aggiornare le impostazioni o autorizzare nuovi permessi. Frasi come “serve per la tua sicurezza” o “per continuare a usare l’app, devi accettare” scorrono veloci sullo schermo, ma dietro queste richieste si celano meccanismi più complessi. La fiducia nei grandi operatori, soprattutto quelli storicamente legati a servizi pubblici, tende a disinnescare qualsiasi sospetto.
Poste Italiane, con i suoi servizi BancoPosta e PostePay, rappresenta ancora oggi un punto di riferimento per milioni di italiani. Dalle pensioni ai conti correnti, fino ai servizi digitali, la capillarità dell’azienda la rende una presenza quasi inevitabile nella vita quotidiana. Ma quando un soggetto così radicato chiede il consenso a “nuove misure antifrode”, quanti si fermano davvero a leggere?
La percezione che tutto sia sotto controllo e che certe pratiche siano “standard” induce spesso ad agire per abitudine, più che per scelta consapevole. E così, anche i permessi più invasivi diventano normali, soprattutto se negandoli si rischia di perdere l’accesso a funzioni essenziali come il saldo o i pagamenti digitali.
Un dettaglio che ha fatto alzare le antenne
Nel corso del 2024, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha individuato una pratica definita “aggressiva e scorretta” nelle app BancoPosta e PostePay. Gli utenti si trovavano di fronte a un bivio: autorizzare l’accesso a una serie di dati non strettamente necessari o essere esclusi dall’applicazione stessa. L’apparente misura antifrode, infatti, si rivelava più invasiva del previsto.
Come spiegato nel post Instagram di financelitee, accettare significava dare accesso a informazioni come le app installate sul telefono, la frequenza d’uso, l’operatore telefonico, la lingua del dispositivo. Dati che nulla avevano a che fare con la semplice protezione del conto, ma che venivano comunque richiesti con l’imperativo: “Autorizza… o non potrai più utilizzare”.

La vicenda che ha scosso i clienti
Questa imposizione ha portato l’Antitrust a multare Poste Italiane per 4 milioni di euro, sottolineando come si trattasse di un sistema strutturato e non di un errore isolato. Il valore della sanzione è indicativo della gravità della condotta e della portata dell’impatto sugli utenti.
La vicenda solleva una domanda cruciale: che fine fanno i dati raccolti con simili modalità? E, soprattutto, quanto consapevolmente vengono concessi? I clienti, attratti da promesse di sicurezza o vantaggi come il cashback, finiscono spesso per accettare condizioni poco chiare, trasformandosi inconsapevolmente da utenti a prodotti.
