Lavorare è passato di moda: lo Stato preferisce farti stare a casa | Sono anche disposti a pagarti

Giorgia Meloni a Porta a Porta (screenshot Rai/YouTube) - financecue.it
Lavorare non conviene più: adesso lo Stato vuole pagarti per farti rimanere a casa, scopri che cosa sta succedendo.
Da anni in Italia si discute sul ruolo che gli immigrati hanno nel tenere in piedi interi settori dell’economia. Dai bar ai ristoranti, dagli alberghi ai servizi di consegna a domicilio, fino all’assistenza agli anziani e alle pulizie: senza questo apporto il sistema rischierebbe di fermarsi.
Secondo le proiezioni, nei prossimi vent’anni potrebbero mancare circa 5 milioni di persone in età lavorativa. Un dato che spinge molti a sostenere la necessità di un flusso migratorio costante. Ma la realtà italiana appare più articolata: non si tratta solo di “portare più immigrati”, bensì di capire come il mercato del lavoro venga influenzato da regole e incentivi interni.
Un aspetto poco discusso è quello della convenienza economica: in alcuni casi, lavorare regolarmente può risultare meno vantaggioso rispetto a rimanere disoccupati. Tra bonus, agevolazioni scolastiche, sconti sulle bollette e l’assegno unico per le famiglie, chi lavora rischia di perdere benefici consistenti. È così che lo Stato, senza volerlo, finisce per creare un sistema che talvolta incentiva il non lavoro.
Il risultato è paradossale: oltre 3 milioni di persone continuano a lavorare in nero, mentre il tasso di occupazione resta fermo a livelli inferiori rispetto ad altri Paesi europei.
Il nodo dei bonus e la politica del governo
Negli ultimi anni il tema dei sussidi è diventato centrale, soprattutto con l’arrivo di misure volte a sostenere le famiglie e contrastare la crisi. Il governo guidato da Giorgia Meloni ha più volte ribadito l’importanza dell’assegno unico e di altre agevolazioni mirate, considerate fondamentali per il welfare. Tuttavia, cresce il timore che queste misure, se non calibrate con attenzione, possano trasformarsi in un disincentivo al lavoro regolare.
Come sottolineato dal Corriere in un post su Instagram, la questione non riguarda soltanto la spesa pubblica, ma il rischio di consolidare un modello in cui conviene restare inattivi. Un quadro che rende urgente una riflessione sulla sostenibilità del sistema, specie di fronte alla prospettiva di un calo drastico della forza lavoro nei prossimi decenni.
Quando stare a casa diventa più conveniente del lavoro
Secondo diversi economisti, il vero problema è che oggi “lavorare in chiaro può rendere meno che stare a casa”. Una frase che fotografa con precisione l’effetto perverso di un sistema che, nel tentativo di sostenere i più fragili, finisce per premiare anche chi potrebbe lavorare. In questa situazione, lo Stato appare come il principale creatore di incentivi impliciti al non lavoro.
Alcuni esperti sostengono che se venisse sospeso l’Isee per un periodo di due o tre anni, si scoprirebbe rapidamente che i 5 milioni di lavoratori che mancheranno da qui a vent’anni sono già presenti nel Paese, solo che preferiscono restare nascosti.