Pensione, addio ai 42 anni di contributi: da oggi ne bastano meno della metà | Per gli italiani è la svolta del secolo
Pensione e soldi (Depositphotos foto) - www.financecue.it
Un “nuovo” percorso pensionistico cambia le regole: meno contributi, più possibilità per migliaia di italiani.
Il numero di anni necessari per andare in pensione è uno di quegli argomenti che tornano sempre, come le zanzare in estate. L’idea che ci sia un modo per andare in pensione senza dover aspettare 42 anni… beh, fa drizzare le orecchie a molti.
Negli anni, il sistema previdenziale italiano ha fatto su e giù come un’altalena. Riforme, deroghe, eccezioni – spesso temporanee – che hanno generato più confusione che altro. Però una cosa è rimasta chiara: chi ha pochi contributi spesso si sente tagliato fuori. Eppure, anche in questa giungla, ogni tanto spunta qualcosa che merita attenzione, soprattutto per chi ha lavorato poco ma non vuole rinunciare a una pensione dignitosa.
Per tantissime persone, l’idea di dover versare almeno vent’anni di contributi (per non parlare dei 42…) è semplicemente fuori portata. Alcuni si sono mossi in tempo, sfruttando le cosiddette deroghe Amato o altre opzioni poco praticabili. Ma diciamolo: non tutti possono permettersi percorsi così tortuosi, e spesso si rinuncia in partenza. Anche perché capire come muoversi tra regole, requisiti e leggi temporanee è quasi un lavoro a tempo pieno.
Ultimamente però qualcosa si è mosso. Una misura già sperimentata qualche anno fa è tornata a far parlare di sé, offrendo una nuova possibilità a chi ha una carriera fatta di pause, cambi, ripartenze. È una via alternativa, non facilissima, ma decisamente più concreta rispetto ad altre soluzioni che sembrano pensate per pochi eletti. Non è magia, ma forse può essere la svolta per molti.
Una strada (ri)aperta quasi in silenzio
Parliamo della pace contributiva, introdotta di nuovo per il biennio 2024-2025 grazie alla Legge di Bilancio dell’anno scorso, come riporta anche investireoggi.it. Non è una novità assoluta, in realtà: era già apparsa nel 2019 e adesso è tornata.
Permette di coprire gli anni in cui non si sono versati contributi, purché si rientri in certi requisiti. È un modo per “rattoppare” i buchi della carriera e avvicinarsi alla pensione, anche se si parte da molto meno di vent’anni di contributi.
Come funziona
Il punto è che funziona solo per chi è un “contributivo puro”, cioè chi ha cominciato a versare dopo il 1995. Si possono riscattare fino a cinque anni, ma se uno aveva già sfruttato la versione del 2019, può arrivare anche a dieci. Ovviamente non è gratis: bisogna pagare di tasca propria (o far pagare al datore di lavoro, se d’accordo). E si può scegliere se pagare tutto subito o dilazionare fino a 10 anni. E qui arriva la parte davvero interessante. Grazie a questa misura, chi ha versato solo 15 anni di contributi oggi può, finalmente, pensare di andare in pensione senza aspettare l’età della pietra.
Lo chiarisce nero su bianco la circolare INPS n. 69 del 29 maggio 2024. Se mancano fino a 5 anni, si possono riscattare. Basta che siano anni senza alcun versamento, dentro un certo intervallo (dal ’96 al 2024, in pratica). L’operazione ha un costo, certo. Ma può essere dedotta interamente dal reddito. Tradotto: si può recuperare una parte consistente di quello che si è speso, pagando meno tasse. Se poi è il datore di lavoro a farsene carico – magari per accompagnare i dipendenti più anziani verso l’uscita – il vantaggio vale anche per lui.