Home » Primo Piano » Come riconoscere e superare i bias cognitivi nelle decisioni

Come riconoscere e superare i bias cognitivi nelle decisioni

Illustrazione della valutazione di un CV (Canva FOTO) - finacecue.it

Illustrazione della valutazione di un CV (Canva FOTO) - finacecue.it

I nostri pensieri potrebbero in qualche modo distoglierci o farci prendere decisioni non proprio ottimali. 

Prendere decisioni è una faccenda complicata. Spesso si pensa che basti “sentire” la risposta giusta, come se l’intuito fosse una bussola infallibile. Eppure, per quanto sia utile in molte situazioni, l’intuizione da sola può portarci su strade sbagliate. Il rischio? Affidarsi troppo a quella vocina interiore, senza mai metterla davvero alla prova.

Uno degli esempi più comuni, come riportato da Harvard Business Review, è quando si valuta un candidato per un ruolo importante. Il curriculum è perfetto, l’intervista fila liscia, eppure qualcosa non convince. Magari non ispira fiducia, ma quel qualcosa può essere solo un pregiudizio mascherato. 

Gli psicologi distinguono tra due modi di pensare: il Sistema 1, veloce e automatico, e il Sistema 2, più lento e riflessivo. Il primo è quello che ci fa evitare un incidente all’ultimo secondo. Il secondo è quello che serve quando bisogna riflettere davvero. Ma il Sistema 1 ha un difetto: tende a sbagliare quando le cose si fanno complesse. E il secondo… beh, spesso è pigro. Soprattutto quando si è stressati, stanchi o pressati dal tempo.

Questi limiti mentali non sono rari, anzi. Colpiscono tutti, dai CEO agli studenti, e diventano pericolosi quando si accumulano. Il punto è che non basta conoscere i propri errori cognitivi, bisogna anche imparare a smontarli. E per farlo esistono tecniche precise, studiate negli ultimi anni da chi si occupa di giudizio e decisione. Una di queste è partire dalle domande più scomode: e se il problema non fosse il candidato, ma tutto il contesto?

Cambiare prospettiva, anche quando costa fatica

Quando si ragiona su un progetto, la mente tende a stringere il campo. Si vede solo un futuro possibile, un obiettivo e una soluzione. Succede per comodità, perché restare nel vago è faticoso. Ma è proprio lì che si infilano gli errori. Per uscirne, si può iniziare immaginando tre scenari: il migliore, il peggiore e quello intermedio.

Tre stime, non una. Questo semplice passaggio apre la mente e riduce il rischio di essere colti di sorpresa. Un altro trucco è pensare due volte alla stessa domanda, magari con un po’ di tempo in mezzo. Dare una risposta, prendersi una pausa e poi riprovare da capo, senza guardare la prima. La media tra le due, spesso, è più vicina alla realtà.

Illustrazione di un CEO indeciso (Canva FOTO) - financecue.it
Illustrazione di un CEO indeciso (Canva FOTO) – financecue.it

Obiettivi, alternative e trappole mentali

Come riportato da Harvard Business Review, è anche un altro il punto critico: gli obiettivi. Spesso si pensa che siano chiari, ma in realtà si finisce per inseguire solo una parte del quadro. Per esempio, il management di Seagate, negli anni ’90, scoprì che ogni dirigente aveva in mente solo una manciata dei veri obiettivi dell’azienda. Quando furono messi insieme, ne emersero decine, molti dei quali trascurati. Solo dopo averli messi nero su bianco riuscirono a prendere decisioni più consapevoli e coordinate.

Infine, il tema delle opzioni. Una buona decisione nasce solo se si valutano alternative vere, non finte scelte “a piacere” come “meglio A o B?”, quando in realtà servirebbe anche C, D o un piano completamente diverso. Gli studi dimostrano che si sceglie meglio quando si confrontano le opzioni fianco a fianco. E se proprio non si riesce a uscire dal binario, c’è un test semplice: immaginare che tutte le opzioni scompaiano.