I social ti prosciugano il conto: ultim’ora, emanata la nuova “Tassa sulla connessione” | Ogni 24 ore scatta il pagamento

I social potrebbero diventare un salasso per il tuo conto corrente? Scopri ora quanto c'è di vero (Poxabay/Canva) - finacecue.it
I social potrebbero diventare un salasso per il tuo conto corrente? Scopri ora quanto c’è di vero e come funziona.
Immagina un mondo dove i tuoi social preferiti non sono più gratuiti. Ogni accesso, ogni scroll, ogni messaggio inviato ti costa qualcosa. Un piccolo balzello, un abbonamento mensile, passa dritto al tuo portafoglio. Sembra un incubo, vero?
La prospettiva genera ansia: i social sono diventati una parte integrante della tua vita, un ponte con amici, famiglia e informazioni. Se dovessero diventare a pagamento, la libertà di connettersi verrebbe limitata.
La paura è che la tassa sul social si può diffondere e passare un servizio universale in un privilegio per pochi. La possibilità di esprimersi, informarsi e interagire potrebbe essere compromessa, con conseguenze sociali non indifferenti.
I social stanno per passare tutti a pagamento? Stiamo per svelarti cosa sta succedendo nel mondo riguardo alle tasse e se c’è un rischio concreto anche per te. La notizia potrebbe lasciarti senza parole.
Social a pagamento
Facciamo chiarezza: la maggior parte dei servizi di social media che usi ogni giorno non sono a pagamento. Molte piattaforme hanno introdotto o stanno testando servizi in abbonamento, ma nessuno è obbligatorio.
Ciò significa che puoi scegliere di pagare per ottenere funzionalità extra, come verifiche dell’account, maggiori spazi di archiviazione, o un’esperienza senza pubblicità. L’accesso base rimane gratuito per la maggior parte degli utenti.
Cosa succede
La realtà è più complessa, ma ci sono stati casi in cui l’accesso ai social è stato tassato. Come riportato da focus.it, il 1° giugno 2018, l’Uganda è diventato il primo Paese al mondo a introdurre una tassa sui social media. Per utilizzare app e siti come WhatsApp, Facebook e Twitter, i cittadini sono stati costretti a pagare 200 scellini ugandesi al giorno, l’equivalente di circa 5 centesimi di euro.
La decisione era motivata dalla necessità di contrastare la minaccia di pettegolezzi e di discussioni sui social media. Parliamo di un intervento governativo con finalità specifiche, non di una scelta delle piattaforme stesse di imporre un costo. Il modello non si è diffuso nel mondo, e per ora, nella maggior parte del mondo, l’accesso ai social network rimane gratuito, con abbonamenti che offrono funzionalità aggiuntive non obbligatorie. In alcuni Paesi i social network sono vietati del tutto. Parliamo di regimi dove anche solo avere un account sui social esteri è considerato tradimento, come avviene in Corea del Nord. In Italia i social sono gratis.