UFFICIALE – Introdotta la tassa sui social network | Per accedere bisogna pagare: svelata la cifra giornaliera

Tassa sui social media (Canva foto) - www.financecue.it
Accesso a pagamento ai social: una misura che fa discutere, la nuova tassa che coglie di sorpresa gli utenti.
In un mondo dove basta un tocco sullo schermo per parlare con chiunque, ovunque, pensare che l’accesso ai social possa essere a pagamento sembra quasi surreale. Eppure, esistono governi pronti a mettere un prezzo anche su ciò che molti considerano ormai parte della vita quotidiana, come inviare un messaggio su WhatsApp o condividere un post su Facebook.
L’uso dei social network ha trasformato il modo in cui ci si informa, si comunica e si partecipa alla vita pubblica. Ma non tutti vedono questo cambiamento in modo positivo. In alcuni Paesi, il potere virale dei contenuti online viene vissuto come una minaccia, qualcosa da tenere sotto controllo. Non con la censura, ma con strumenti alternativi, come una tassa.
Immaginare di dover pagare per entrare su Twitter o guardare le storie su Instagram può sembrare lontano dalla nostra realtà. Eppure, c’è chi ha già trasformato questa idea in una legge vera e propria, inserendola nel sistema fiscale nazionale. Non si tratta di una proposta simbolica, ma di una misura concreta, pensata per cambiare il comportamento delle persone online.
Iniziative del genere aprono interrogativi profondi. Fino a che punto uno Stato può intervenire sull’uso delle piattaforme digitali? E cosa succede quando il costo dell’informazione – o anche solo dell’intrattenimento – diventa insostenibile per una parte della popolazione? Domande che oggi non sono più teoriche.
Quando i social diventano un lusso quotidiano
Dal 1° giugno 2018, l’Uganda è diventato il primo Paese al mondo a introdurre una tassa giornaliera per accedere ai social network. Gli utenti devono pagare 200 scellini ugandesi al giorno, circa 5 centesimi di euro, per utilizzare app come Facebook, WhatsApp e Twitter. Anche se la cifra può sembrare bassa, per molti cittadini si traduce in un costo significativo, soprattutto se sommato su base mensile.
Secondo Focus, questa misura è stata fortemente voluta dal presidente Yoweri Museveni, che ha definito i social una fonte di “gossip” e disinformazione. L’obiettivo dichiarato non è quello di fare cassa, ma di ridurre l’uso “superficiale” delle piattaforme. Una decisione che ha diviso l’opinione pubblica e ha fatto discutere anche fuori dai confini africani.
La libertà digitale sotto pressione
L’introduzione di una tassa simile non è solo una questione economica, ma anche simbolica. Impone un filtro, seppur minimo, tra l’individuo e l’accesso all’informazione digitale. Chi non può permettersi di pagare ogni giorno, di fatto, viene escluso da uno spazio di partecipazione e confronto che, altrove, è dato per scontato.
Questa scelta solleva un tema globale: la libertà digitale è davvero garantita ovunque? O sta emergendo una nuova forma di disuguaglianza, in cui l’accesso alla rete dipende anche dal portafoglio? In Uganda, la risposta è già arrivata. Resta da capire se altri governi seguiranno la stessa strada.