Laurea, ecco la più inutile in assoluto | Con questa trovare lavoro è un’impresa: vale meno della terza media

Laureato preoccupato (Depositphotos foto) - www.financecue.it
Una laurea che promette tanto ma offre pochissimo: il titolo accademico con un tasso di occupazione davvero molto basso.
Quando ci si iscrive all’università, di solito si parte con mille speranze. C’è chi segue una passione, chi guarda alle statistiche, chi invece sceglie un po’ a caso—magari perché “suona bene” o perché lo fanno tutti. Eppure, a distanza di anni, ci si rende conto che non tutte le lauree portano da qualche parte. Anzi, alcune sembrano proprio… un vicolo cieco.
Il problema vero è che il mondo del lavoro cambia più in fretta dei corsi universitari. Quello che oggi è richiesto, domani potrebbe già essere superato. E certe lauree, per quanto affascinanti, sembrano proprio non riuscire a tenere il passo. Il risultato? Tantissimi giovani finiscono per ritrovarsi con un titolo in mano e nessun contratto in tasca.
Si sente spesso parlare di lauree “inutili”, un’etichetta un po’ dura, va detto. Ma se ci si basa sui numeri—quelli veri, tipo tassi di occupazione e stipendi medi—il divario tra un indirizzo e l’altro è impossibile da ignorare. La domanda sorge spontanea: cosa rende davvero “utile” un corso di studi? Beh, intanto, dovrebbe permettere di lavorare, no?
Eppure, ci sono percorsi che, anche dopo cinque anni dalla laurea, faticano ancora a garantire uno stipendio. In confronto, alcune facoltà tecnico-scientifiche raggiungono tassi d’impiego altissimi. La differenza è enorme. E non parliamo di pochi punti percentuali: in certi casi il gap supera l’80%. Sì, proprio 80.
Lauree che non aiutano a trovare lavoro
Design e Moda, due parole che evocano creatività, stile e innovazione, si scontrano con una realtà lavorativa ben più complessa. I corsi universitari dedicati a questi settori promettono una formazione approfondita su fashion management, disegno industriale, sociologia dell’immagine e comunicazione visiva. Tuttavia, il mercato del lavoro saturo e la forte concorrenza rendono estremamente difficile per i neolaureati emergere. In un contesto dove il talento spesso conta più del titolo accademico, molti giovani si trovano a cercare un impiego senza che la laurea rappresenti un vantaggio competitivo concreto.
Situazione analoga anche per chi decide di seguire un percorso accademico nel campo dell’Archeologia e dell’Antropologia. Questi corsi attraggono per la loro componente storica e culturale, fatta di iconografia, papirologia e civiltà antiche, ma la realtà dell’impiego post-laurea è ben diversa. Le occasioni di lavoro restano limitate a istituzioni pubbliche, musei o università, dove i bandi sono rari e il numero di candidati è sempre superiore ai posti disponibili. Anche chi aspira a una carriera accademica deve affrontare una concorrenza feroce per pochi incarichi.
Le lauree considerata la meno utile in assoluto
Secondo il più recente rapporto AlmaLaurea, la laurea in Arti e Scienze Teatrali si posiziona come la meno utile per trovare lavoro. Con un tasso di disoccupazione che raggiunge il 33,3%, questo percorso di studi, incentrato su drammaturgia, recitazione, storia del teatro e dei media, offre pochissime garanzie occupazionali. Chi completa il percorso si ritrova spesso senza sbocchi diretti nel proprio ambito, poiché il settore culturale, già fragile, non assorbe i nuovi professionisti. Molti finiscono per lavorare in settori completamente diversi o in ruoli precari, dove il titolo di studio ha scarso valore.
Non va molto meglio per le lauree del comparto letterario-umanistico, che comprendono discipline come letteratura, storia, geografia e linguistica. A cinque anni dal titolo, quasi il 19% dei laureati non esercita in ambiti correlati. Anche se queste facoltà offrono una formazione culturale solida, nel mondo del lavoro si rivelano poco spendibili senza una specializzazione ulteriore. Il rischio, per molti, è che la laurea valga meno di un diploma tecnico in termini di occupabilità e prospettive di carriera.