Illustrazione di alcuni soldati (Canva FOTO) - financecue.it
Ciò che è successo a livello finanziario è inaudito, i mercati stanno reagendo in modo strano dopo l’attacco all’Iran.
Un attacco militare può scuotere profondamente gli equilibri internazionali, ma quando avviene in un’area cruciale per l’energia globale, le ripercussioni si propagano con velocità fulminea fino ai mercati finanziari. È esattamente ciò che è accaduto il 13 giugno 2025, dopo che Israele ha lanciato una serie di attacchi aerei contro obiettivi in Iran.
Come riportato dal The Guardian, nel giro di poche ore il prezzo del petrolio è schizzato oltre i 75 dollari al barile, segnando il livello più alto dall’aprile scorso. A guidare il rally è stato il Brent crude, che ha guadagnato più del 7% subito dopo le prime notizie sull’attacco. In parallelo, l’oro, da sempre rifugio sicuro nei momenti di incertezza, ha toccato quota 3.426 dollari l’oncia, avvicinandosi ai massimi storici visti in primavera.
Le borse, come prevedibile, hanno reagito male. A Wall Street, il Dow Jones ha perso l’1,8%, l’S&P 500 è calato dell’1,1% e il Nasdaq è sceso dell’1,3%. Ma è stato il settore aereo a pagare il conto più salato, con titoli come Delta, United ed American Airlines in flessione, travolti dal timore di un rialzo prolungato dei costi del carburante. In Europa, la situazione non è stata molto diversa: Londra, Francoforte, Parigi e Milano hanno tutte chiuso in rosso.
E mentre gli investitori scappavano dai mercati azionari cercando riparo nell’oro o nei Treasury americani, alcune aziende del settore bellico hanno visto salire il valore delle proprie azioni. Non è la prima volta che accade, ma l’intensità del fenomeno stavolta è stata particolarmente evidente. Vediamo nel dettaglio.
Nel Regno Unito, l’indice FTSE 100 ha ceduto 34 punti, chiudendo a 8.850, lo 0,4% in meno rispetto al record del giorno precedente. I titoli più penalizzati sono stati quelli del comparto aereo: IAG, la holding di British Airways, ha perso il 3,7%, mentre easyJet ha lasciato sul campo il 2,7%. Il motivo è semplice: l’aumento del prezzo del greggio rischia di gonfiare i costi operativi delle compagnie e ridurre i margini. E intanto, nel mezzo della crisi, lo spazio aereo nella regione è stato temporaneamente svuotato per motivi di sicurezza.
Dall’altra parte, alcuni titoli della difesa hanno reagito al contrario. BAE Systems ha guadagnato quasi il 3%, beneficiando del timore che il conflitto tra Israele e Iran possa degenerare ulteriormente. Anche negli Stati Uniti, le azioni di Lockheed Martin, Northrop Grumman e RTX (ex Raytheon) sono salite, così come quelle delle compagnie petrolifere: BP è cresciuta di quasi il 2% e Shell ha chiuso in rialzo di poco più dell’1% (fonte: The Guardian).
L’oro, nel frattempo, come riportato dal The Guardian, ha brillato di luce propria. In un solo pomeriggio, il suo valore è aumentato dell’1%, raggiungendo i 3.426 dollari l’oncia. È un segnale chiaro: quando l’incertezza aumenta, gli investitori corrono verso ciò che considerano “solido”. Lo stesso è accaduto con i Treasury decennali USA, il cui rendimento è sceso al minimo mensile del 4,31%, segno di un’impennata della domanda. Ma la questione più delicata riguarda lo stretto di Hormuz, un passaggio marittimo vitale per circa il 20% del petrolio mondiale e una quota ancora maggiore del gas naturale liquefatto.
Derren Nathan, analista di Hargreaves Lansdown, ha sottolineato come la vera paura non sia solo legata all’export iraniano, ma alla possibilità che questo tratto di mare venga chiuso o reso inaccessibile (Fonte: The Guardian). Secondo Peter Sand, esperto della società di analisi marittima Xeneta, un blocco dello stretto costringerebbe molte rotte commerciali a deviare verso la costa occidentale dell’India o addirittura attorno al Capo di Buona Speranza. Questo implicherebbe viaggi più lunghi, congestione portuale e inevitabilmente tariffe di trasporto marittimo alle stelle.